GIORNO DEL RICORDO 2018

 

La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.

Così recita l’art. 1 della legge 30 marzo 2004 n. 92  approvata dal Parlamento, quasi all’unanimità,  con la quale si riconosce il dramma patito da tante migliaia di italiani vittime delle foibe e costretti ad abbandonare le terre (Istria, Fiume, Dalmazia) dove vivevano da secoli.  La data del 10 febbraio non è stata scelta a caso poiché coincide con il giorno in cui il 10 febbraio 1947 fu firmato  a Parigi il Trattato di Pace che assegnava alla Jugoslavia l’Istria, la Venezia Giulia, Fiume e Zara. Il riconoscimento della tragedia delle foibe e dell’esodo giunse molti anni dopo quei tragici eventi. Pregiudizi ideologici ma forse soprattutto ragioni di politica internazionale – nel giugno del 1948 si verificò la rottura politica ed ideologica tra Tito e  l’Unione Sovietica che venne sostenuta in  Occidente – impedirono alla Repubblica un pieno riconoscimento dei tragici eventi che si svolsero al confine orientale tra il  1943 e il 1947.

Le prime cerimonie dedicate al Giorno del Ricordo si svolsero al Quirinale e gli interventi del Presidente Carlo Azeglio Ciampi e del successore Giorgio Napolitano tracciarono la via per le successive manifestazioni offrendo anche l’interpretazione più autorevole e autentica di  una legge che, sebbene approvata quasi all’unanimità dal Parlamento, fu considerata, a torto,  da una parte di esso, come una “legge di destra”, quasi che di destra fossero gli uomini e le donne vittime innocenti  della barbarie.

L’8 febbraio 2006 il Presidente Ciampi  ebbe a dire

È giusto che agli anni del silenzio faccia seguito la solenne affermazione del ricordo… Il riconoscimento del supplizio patito è un atto di giustizia nei confronti di ognuna di quelle vittime, restituisce le loro esistenze alla realtà presente perché le custodisca nella pienezza del loro valore, come individui e come cittadini italiani. L’evocazione delle loro sofferenze, e del dolore di quanti si videro costretti ad allontanarsi per sempre dalle loro case in Istria, nel Quarnaro e nella Dalmazia, ci unisce oggi nel rispetto e nella meditazione. Questo nostro incontro non ha valore puramente simbolico; testimonia la presa di coscienza dell’ intera comunità nazionale. L’Italia non può e non vuole dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro”.

L’anno successivo (10 febbraio 2007) il Presidente Napolitano fu ancora più incisivo – al punto da sollevare proteste diplomatiche o, come egli stesso ebbe a dire l’anno successivo,

“reazioni inconsulte” – dicendo “già nello scatenarsi della prima ondata di cieca violenza in quelle terre, nell’autunno del 1943, si intrecciarono “giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento” della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una “pulizia etnica”. Quel che si può dire di certo è che si consumò – nel modo più evidente con la disumana ferocia delle foibe – una delle barbarie del secolo scorso…” … “va ricordato –  egli aggiunse –  l’imperdonabile orrore contro l’umanità costituito dalle foibe, ma egualmente l’odissea dell’esodo, e del dolore e della fatica che costò a fiumani, istriani e dalmati ricostruirsi una vita nell’Italia tornata libera e indipendente ma umiliata e mutilata nella sua regione orientale. E va ricordata la “congiura del silenzio”, “la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell’oblio“. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali”.

Il 10 febbraio del 2008, sempre al Quirinale,  egli aggiunse che

L’omaggio alle vittime di quegli anni, insieme al doveroso riconoscimento delle ingiustizie subite, del dolore vissuto dai superstiti, dai loro discendenti e da chi fu costretto all’esodo, non possono e non devono prescindere da una visione complessiva serena e non unilaterale di quel tormentato, tragico periodo storico, segnato dagli opposti totalitarismi. E deve esserci di monito la coscienza che fu appunto la piaga dei nazionalismi, della gretta visione particolare, del disprezzo dell'”altro”, dell’acritica esaltazione della propria identità etnica o storica, a precipitare il nostro continente nella barbarie della guerra… Sia dunque questo il monito del Giorno del Ricordo: se le ragioni dell’unità non prevarranno su quelle della discordia, se il dialogo non prevarrà sul pregiudizio, niente di quello che abbiamo faticosamente costruito può essere considerato per sempre acquisito. E a subirne l’oltraggio sarebbe in primo luogo la memoria delle vittime delle tragedie che ricordiamo oggi e il cui sacrificio si rivelerebbe vano…”

Negli anni  che seguirono la celebrazione del “Giorno del Ricordo” fu sempre  accompagnata dalle riflessioni e dagli interventi puntuali dei Presidenti della Repubblica e da ultimo – anni 2015, 2016, 2017 – da quelli di Sergio Mattarella

Per troppo tempo – egli disse in occasione del Giorno del Ricordo 2015le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia aggiungendo “Il Parlamento con decisione largamente condivisa  ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale.   Oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c’è posto per l’estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche“.

Il 10 febbraio 2016 egli aggiunse

«La nostra identità di Paese democratico ed europeo non poteva accettare che pagine importanti delle sua storia fossero strappate, lasciando i nostri concittadini del “confine orientale” in una sorta di abbandono morale. Ristabilire la verità storica e coltivare la memoria sono frutto di un’opera tenace e preziosa, che le associazioni degli esuli e le comunità giuliano-dalmate e istriane hanno contribuito a realizzare. La Giornata del Ricordo, nel rinnovare la memoria delle tragedie e delle sofferenze patite dagli italiani nella provincia di Trieste, in Istria, a Fiume e nelle coste dalmate, è occasione per dare vita a una storia condivisa, per rafforzare la coscienza del nostro popolo, per contribuire alla costruzione di una identità europea consapevole delle tragedie del passato. L’abisso della guerra mondiale e le aberrazioni dei sistemi totalitari sono ora alle nostre spalle, anche se quei segni non possono essere cancellati e deve sempre guidarci la consapevolezza che le conquiste di civiltà vanno continuamente attualizzate. Ricordare non deve favorire il rancore, ma liberare sempre più la speranza di un mondo migliore. Oggi l’Europa è vista come il continente della democrazia, della fratellanza, della libertà, della pace tra i popoli. Per continuare ad esserlo deve superare gli egoismi che frenano il suo progetto e l’illusione che un ritorno ai nazionalismi possa proteggerci dai rischi della globalizzazione. Anche in questo caso la storia e la memoria comune possono fornire un grande aiuto per guardare al futuro e per scacciare dal destino dei nostri figli ogni pulizia etnica e ogni odio razziale».

Lo scorso anno infine –10 febbraio 201770° anniversario della firma del Trattato di Pace di Parigi – egli scrisse

Le cicatrici dei feroci crimini nella Seconda Guerra Mondiale – che nel dopoguerra si tradussero anche in una strage di italiani, e che si accompagnarono alle sofferenze di decine di migliaia di famiglie costrette ad abbandonare case e lavoro nella zona di Trieste, in Istria, a Fiume e nelle coste dalmate – costituiscono parte della nostra storia. L’Italia, con la sua accoglienza, ha testimoniato con forza ai propri Concittadini, originari delle terre del “confine orientale” e vittime delle dure conseguenze del conflitto mondiale, la solidarietà e la vicinanza alla tragedia che hanno subito….Reiterare la memoria di quei fatti, contribuire ad una lettura storica corretta e condivisa è il contributo prezioso di tante associazioni degli esuli e delle comunità giuliano-dalmate e istriane, base di una autentica riconciliazione che allontani per sempre la sofferenza delle spaventose violenze del passato, delle criminali pulizie etniche, dei lutti indelebilmente impressi nelle nostre comunità. L’Europa della pace, della democrazia, della libertà, del rispetto delle identità culturali, è stata la grande risposta agli orrori del Novecento, dei quali le foibe sono state una drammatica espressione. Un impegno che – a 70 anni dal Trattato di Pace che mise fine alla tragica guerra scatenata dal nazifascismo – non può venire mai meno per abbattere per sempre il fanatismo, padre della barbarie e della crudeltà che si nutrono dell’odio».


Noi facciamo  nostri  interventi così autorevoli e saggi, equilibrati e scevri da ogni ragione di parte e partecipiamo  – come già avvenuto per il Giorno della Memoria – alla commemorazione del Giorno del Ricordo rendendo omaggio alle vittime. Tra esse, in prossimità della Festa Internazionale  della Donna, ci piace ricordare Norma Cossetto (1920-1943),  giovane studentessa, barbaramente assassinata dopo violenze e torture indicibili.

Alla Sua memoria il Presidente Ciampi ha conferito la Medaglia d’Oro al Merito Civile con la seguente motivazione:

Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio

Stefano Iorfida

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